Riceviamo e pubblichiamo integralmente una nota di Antonio POLIDORI, Segretario provinciale della FLAI CGIL:

<< La Coldiretti continua la propria “battaglia” nel sollevare la questione del prezzo del latte pagato agli allevatori e di come la industria della trasformazione e della commercializzazione la faccia per così dire da “padrone” nel determinare i margini economici dei produttori, lanciando l'allarme sulle ripercussione che questo stato di cose può determinare al tessuto economico e produttivo delle nostre campagne. Oggi in un servizio apparso su RTR si è tornati sull'argomento. La FLAI CGIL di Rieti, dal proprio canto, ha a cuore la questione, e non solo per i risvolti di natura socio-economica, ma anche, e soprattutto, perché in questa parte della Regione Lazio pur in presenza di allevamenti che per qualità e quantità non hanno nulla da invidiare ad altre zone degli appennini assistiamo ad una frammentazione e ad una destrutturazione del ciclo della trasformazione e della commercializzazione del latte e ad una concomitante migrazione di mano d'opera specializzata verso le Regioni limitrofe. La nostra esperienza ci porta a dire che senza un progetto di filiera corta che punti ad un consumo del fresco e ad una produzione di prodotti lavorati che punti alla qualità, alla tracciabilità e allo sviluppo delle competenze professionali in loco, i nostri allevatori saranno sempre più esposti al ricatto economico della industria, con un rischio finale di abbandono delle stalle dove maggiore è l'attenzione alla qualità dell'allevamento. Il particolare momento che attraversa il livello dei consumi, sia per quantità che per qualità aggrava la situazione, e possiamo ignorare che gli scaffali della grande distribuzione low-cost e discount sono pieni di prodotti decisamente a basso costo e di discutibilissima qualità che vengono tuttavia consumati da una larga fascia di popolazione costretta dalla crisi dei bilanci famigliari?

Il perdurare di questa situazione rischia di produrre una spirale con ripercussioni negative anche sul profilo sanitario-alimentare connesso al consumo di prodotti lattiero caseari scadenti. (senza scomodare la mozzarella blu). Allora noi la pensiamo così: è davvero impossibile pensare ad un prodotto a filiera corta da commercializzare entro un raggio di pochi chilometri dove il risparmio in termini di costo viene ripartito tra lo scaffale (in termini di qualità del prodotto) ed i produttori di latte?; è strano pensare che le categorie che associano i produttori si facciano esse stesse garanti del prodotto, esplicitandone la tracciabilità, mettendoci la faccia e assicurando al consumatore la qualità del prodotto? La FLAI CGIL di Rieti continua a sollevare la questione dello stabilimento di Amatrice, un caseificio che per anni ha trasformato il latte prodotto nelle stalle locali esprimendo qualità sia in termini di prodotto finito che per l'eccellenza delle maestranze. Ora quelle maestranze sono state mandate a lavorare nello stabilimento della Grifo Latte di Norcia e lo stabilimento di Amatrice non produce più, la domanda sorge spontanea, siamo sicuri che questa scelta risponda esclusivamente a criteri di economicità e razionalizzazione delle risorse o sia anche essa funzionale al gioco di concentrazione del potere della industria casearia? Sono possibili soluzioni diverse per evitare il depauperamento del territorio e così affrontare anche le questioni che la stessa Coldiretti solleva? Su questo tema sarebbe interessante aprire un confronto pubblico tra le forze sociali, gli imprenditori e gli amministratori locali, sarebbe un bel segnale di condivisione e di trasparenza nella gestione delle risorse del territorio >>.