La presenza di CAMUSSO, BONANNI e ANGELETTI a Rieti.

di Gianfranco PARIS

Il 1 Maggio di quest'anno è stata giustamente etichettata come la Festa del non lavoro. E per questo mi piace iniziare con un minuto di silenzio e di riflessione con invito a tutti i miei lettori a riflettere non solo nella ricerca dei colpevoli, ma nello esaminare quanto ognuno di noi è responsabile di ciò che sta accadendo in Italia in questi giorni. “Un minuto di silenzio”. Ora che ci siamo raccolti in meditazione, cerchiamo di capire insieme ancor meglio e riannodiamo i fili della memoria. Non è la prima volta che la Triplice cala a Rieti in forze per parlare di lavoro che sparisce. Accadde circa tre anni fa, quando vennero a Rieti EPIFANI, BONANNI e ANGELETTI che sottolinearono con decisione la gravità della situazione lavoro in Sabina. E' appena il caso di ricordare che ANGELETTI proviene da una famiglia di Colli sul Velino e lo possiamo considerare uno dei nostri. Ascoltai, attraverso le antenne di questa benemerita Radio, tutti i loro interventi e scrissi un articolo nel quale salutavo con soddisfazione gli impegni presi e auguravo ai reatini che qualcosa di concreto si verificasse a breve. Scrissi: finalmente qualcuno si ricorda di noi, ma con un sottile soffio di scetticismo dettato dai comportamenti concreti dei sindacalisti di casa nostra. Invece non è accaduto nulla di positivo, anzi la situazione si è aggravata e i sindacati hanno collaborato con i poteri politici per far peggiorare la situazione. Vediamone insieme un esempio. Da allora la situazione al Nucleo industriale reatino è peggiorata ed altre imprese sono andate in malora. L'ultima dichiarata fallita: la Ritel.

L'affare Ritel è emblematico per capire il perché qui da noi la morte del lavoro somiglia a quella per cancro maligno generato da una metastasi che vede coinvolti poteri politici e poteri sindacali in egual misura. In una lettera, che ho pubblicata su Mondo Sabino in distribuzione, un dipendente della Ritel, sindacalista, chiarisce in modo evidente lo svolgimento dei fatti. L’Alcatel decise di disfarsi dello stabilimento reatino e stanziò per questo scopo 150 milioni di euro da destinare a chi si prendesse la briga di fare al suo posto il lavoro sporco della chiusura. Se lo avesse fatto in proprio, ne avrebbe sofferto non poco la sua immagine di multinazionale di spicco! Dopo una serie di tentativi di vendita andati a vuoto, nei quali intervennero anche i big politici locali, pronti a mettersi in evidenza, all'improvviso nacque la Ritel fondata, si disse, da una cordata di imprenditori locali che avrebbero salvata l'azienda, garante di tutta l'operazione il nostro presidente della provincia MELILLI (PD) con il gradimento del senatore CICOLANI (PdL). Il diavolo e l'acqua santa insieme per salvare l'economia locale. Per convincere ancor meglio i lavoratori MELILLI si fece ufficialmente garante della operazione e dichiarò formalmente: se la Ritel chiude MI DIMETTO! Così la Alcatel regala lo stabilimento di Rieti a Ritel, più i 150 milioni, e mantiene commesse di lavoro per tenere buono l'ambiente. I sindacalisti locali, che sapevano bene quel che bolliva in pentola, cercano di rassicurare i lavoratori con ogni mezzo di persuasione, intanto i sindacalisti che ci stanno vengono premiati dall'azienda e chi invece subodora la fregatura viene emarginato. Così quando l'Alcatel cessa le commesse, come era nel loro programma, e loro ormai appaiono come estranei alla faccenda della chiusura, Ritel non produce più niente perché la cordata di imprenditori reatini non aveva in programma di investire un bel niente, ma quello di sciusciarsi i 150 milioni e addossare la colpa della chiusura alla crisi economica. E così è stato, ma MELILLI si deve ancora dimettere. E pensare che in giro si dice che sarà il prossimo deputato sabino del PD! Nel frattempo i sindacati reatini si sono invece molto dati da fare per candidarsi alla guida della città di Rieti proponendo che diventasse sindaco Franco SIMEONI, già sindacalista dirigente regionale, e sostenendolo attivamente nelle primarie del centro sinistra. Ed è di ieri la dichiarazione della CGIL e dell'ARCI del loro appoggio incondizionato al candidato sindaco Simone PETRANGELI. Un chiaro sintomo di come i sindacati e la galassia che vi ruota intorno ormai hanno solo l'ambizione di governare e non di occuparsi del mondo del lavoro. Intanto, la Triplice sindacale nazionale il 1 Maggio è sbarcata a Rieti, città scelta fra tutte quelle italiane, perché simbolo della deindustrializzazione in Italia. In Piazza del Comune c'erano con le solite bandiere tutti i dirigenti periferici delle città italiane, cioè tutti coloro che con il sindacato ci prendono lo stipendio, sia pure in molti casi con il distacco. I mass media quando riprendono queste manifestazioni intervistano questi personaggi che tutto sono meno che vittime della crisi, dicono cose di circostanza, in sintonia con quello che sostengono loro, ma estranee alla realtà del paese che contribuiscono a tenere in piedi la ricca baracca. CAMUSSO, BONANNI e ANGELETTI non hanno detto niente di concreto, hanno solo snocciolato le solite litanie delle lamentele, le più dozzinali. Non una proposta seria, non un accenno alla mobilitazione di massa, l'unica in questo momento che potrebbe diventare alternativa ad un Parlamento bloccato su interessi contrastanti che tiene in ostaggio anche quei tecnici ai quali lo stesso concede la sua fiducia. Se fossimo in Francia, o anche in Sud America, dove i sindacati sono una cosa seria, sarebbe la piazza a spazzare via un Parlamento composto da gente dedita solo alla coltivazione dei propri interessi. Ma ai sindacalisti italiani, che sono emanazione dei partiti e loro fiancheggiatori, questo non può interessare. Ad essi interessa solo di mantenere i loro privilegi, ne più e ne meno che i parlamentari. Non facciamoci più prendere in giro da questa gente.