di Luciano BENEDETTI

E' primavera, svegliatevi bambine, dalle cascine Messere aprile ecc, ecc. Sono versi - 1950 - della canzone: Mattinata fiorentina. Nel Bel Paese, ogni borgo, paese e città, ha la sua mattinata “Fiorentina”, più o meno suggestiva, secondo la posizione geografica, territoriale, storica, culturale, gastronomica e la sua attività. Sino agli anni ’50, le prime ore del mattino erano uguali in ogni abitato, il pubblico forno a legna cuocendo il pane spandeva il profumo in ogni dove. Con il progresso, man ... mano, gli abitanti emigrano, i forni chiudono, venendo così a mancare ”L’anima mattutina”. Per motivi diversi accadeva in alcuni quartieri delle grandi città. A Milano, tra gli anni ’70-’80, vicino alla Fiera Campionaria, c’era l’industria dolciaria dell’Alemagna. Verso la fine di Corso XXII Marzo, c'era l'antica fabbrica della Motta. Di notte, sino al mattino inoltrato, tutta la zona era invasa dal profumo dei dolci in cottura che t'invitava ad un profondo respiro. Nel periodo pasquale si cuocevano i panettoni per Natale, e viceversa per le colombe. Poi, quelle dolci mattinate vennero interrotte dalla chiusura delle industrie.

E … la bimillenaria Rieti? Già il nome la dice lunga. All'interno del centro abitato si respira aria di ogni epoca, nella magnificenza di una cornice paesaggistica unica. Ancora oggi si presenta con un ambiente in gran parte incontaminato, habitat preferito e gradito da una fauna ricca e variegata. Nella sua semplicità è uno scrigno pieno di storia, di illustri personaggi qui vissuti e ricordati, nelle vie, piazze e chiese. Anche chi è emigrato all'estero, ha onorato la sua città con operosità e dignità. Rieti centro d'Italia. Secondo Me, anche Regina delle acque cristalline e pure. Al mattino, l'atmosfera stimolante: tra profumi, sapori, quiete e natura, non si può fare a meno di bere, ad esempio, la salubre acqua nella fontana a Porta d'Arce. Acque pulite come il fiume Velino, dove è immerso l'antico ponte romano attraversato da anatre ed altri volatili che, nuotando, disegnano le loro geometrie. Nulla si vede galleggiare, neanche un ramoscello. Indice di alto senso civico negli abitanti. Le montagne le fanno da corona; con l'aria fresca del mattino la vegetazione emana forti profumi di muschi cerri e conifere, ecc. Come all'origine, le tipiche mattinate mantengono la loro essenza. Presto il pane e le focacce in cottura animano l'abitato con il profumo che esce dai forni, quasi a scandire le ore - come le campane - dei prodotti sfornati gradualmente. Le pasticcerie, i bar con gli aromi del caffè e dei cornetti “invadono” ogni via. Anche dalle finestre delle case e dai ristoranti, i passanti annusano folate di pietanze in cottura per mezzo dì. Rieti, non è tutto questo; ogni mattina ti avvolge di testimonianze dentro e fuori le antiche mura. La pianura fertile e verdeggiante, densamente coltivata dà proficui raccolti di qualità. Da diversi anni, al mattino presto, lungo le vie non si ode più il cigolio dei carretti, spinti o trainati dagli ortolani, che trasportavano al mercato gli ortaggi appena raccolti (sedani, finocchi, carciofi, peperoni) che lungo il percorso lasciavano una scia di aromi. Da dieci lustri, quando vengo a Rieti, spesso la nostalgia mi travolge verso la stazione ferroviaria. I miei ricordi di bambino riemergono impetuosi: grazie alle colonie estive indette dal Papa Pio XII, infatti, l’estate del 1950 (avevo 7 anni) a luglio siamo andati a San Benedetto del Tronto, partendo dalla stazione ferroviaria di Rieti (il mio primo viaggio in treno) e a settembre alla colonia di Pomezia (RM). La mattina del 1 luglio, ero a Rieti, dopo essere partiti dalla Piazza di Torri, alle ore 07.30 circa, a bordo del taxi - Fiat 1400 marrone di Domenico LOZZI - Don Aldo ANDREOZZI accompagna noi tre bambini a Poggio Mirteto. Giunti nella piazza principale di Poggio, Don Aldo ci consegna a Don Mario, responsabile della colonia. Saliti sul bus con altri bambini della diocesi, il pullman parte verso Salisano, (la strada bianca irta di curve con ai bordi profonde ripe è ancora impressa nella mia mente), arrivati ai piani di Sant’Elia, diretti verso la stazione ferroviaria di Rieti. Mio cugino Franco e un altro amico, vennero mandati alla colonia montana al Terminillo, i restanti bambini rimasero sulla banchina della stazione, in fila con i loro sacchetti di tela cuciti a casa, contenenti tre cartoline postali - da scrivere una ogni settimana - una matita, un paio di zoccoli, indumenti vari e qualche soldino. Nell'attesa del treno osservo il paesaggio, mentre il canto delle cicale si faceva sempre più denso. Da lontano arriva il treno a vapore, nella mente mi balzano i film western del cinema parrocchiale, si parte verso San Benedetto del Tronto, ospiti in un collegio vicino al centro sino al 30 luglio a sera. Al ritorno, dopo cena si prende il treno, arriviamo a Rieti la mattina del 31, tutti assonnati, più neri, che abbronzati. Dal caldo i finestrini erano un po' aperti, curiosi di vedere il treno che entrava ed usciva dalla galleria, mettevamo fuori la testa ignari del fumo sulla pelle. Così nel viaggio di andata e ritorno. Da allora quante mattine passate a Rieti, da fidanzato, sposato, con mia madre, con amici ed amiche, per far conoscere loro questa ridente città oltre le mura, e lo spirito che da secoli aleggia sopra di essa. La Valle Santa: unica, con Greccio, ultima volta la notte del 24 dicembre 1998, con delle amiche e mio fratello, - per vedere il presepio vivente. Tanta attenzione, tanta emozione, in un luogo così mistico e incontaminato che indelebile rimane nella memoria. Mattino 26 aprile 2012, giornata tersa, uno spettacolo del Terminillo unico, ed un gradevole venticello. Eccezionalmente solo, scendo dal bus in prossimità della stazione FF.SS. Come sempre, entro per osservare la banchina e dintorni. Una telefonata al carissimo amico Avv. Gianfranco PARIS, per un saluto, un incontro a Porta d'Arce, un caffè, poi un giro nella suggestiva cornice della Valle Santa, meta Fonte Colombo, chiamato giustamente il Sinai Francescano, che da tempo ambivo visitare. Nell'occasione Gianfranco è stato un ottimo “Cicerone” illustrandomi ogni angolo Sacro, nel folto bosco tra elci, querce, faggi “incensati” dal profumo dei muschi e ciclamini. Scendiamo da questa prediletta terra del Grande Poverello, ci rechiamo al lago Lungo o di Cantalice, ritrovo dei pescatori professionisti per gare sportive ad alto livello, provenienti da ogni parte d'Italia. Stranezza del caso: due pescatori erano di Masi, una piccola frazione tra Piacenza d'Adige e Castelbaldo, (PD), dove - agosto 1967, maggio 1968 - ho fatto servizio d'istituto nelle stazioni dei Carabinieri. La gita continua nell'oasi francescana La Foresta, dedicata a Santa Maria. Qui, San Francesco si rifugiò, per sottrarsi agli onori che la popolazione di Rieti voleva attribuirle. A mezzogiorno, il complesso lo troviamo chiuso, restiamo all'esterno ad ammirare lo stupendo orto custodito dai ragazzi della Comunità. Il tempo stringe, via... alle Sorgenti di Santa Susanna, un luogo sano, dove lo spettacolo della natura non si fa attendere. L'acqua pullula da ogni lato, per la prima volta vede la luce del Sole. La mattinata termina con una “lezione” di botanica per far conoscere a Gianfranco l'Equiseto, un erba in prossimità della sorgente diffusa lungo i fossi o nei luoghi molto umidi, usata in erboristeria per le tisane. In macchina arriviamo sul piazzale degli autobus, ci salutiamo: un grazie per la bella mattinata passata insieme, un caloroso abbraccio, un “ciao a presto”, alle ore 14.00 parte il bus per Torri. Lungo il percorso nel ripensare alle ore passate, mi sovviene alla mente la secolare lunga via Francescana, percorsa dai pellegrini dalla Valle Santa per raggiungere Torri in Sabina, dove presso l'ospedale del Monte Frumentario venivano ospitati. Riposati, riprendevano il cammino per il Santuario dedicato alla Madonna della Lode di Vescovìo, l'Abbazia di Farfa e Roma. Alcuni per alleviare la fatica si portavano al porticciolo fluviale sul Tevere vicino a Ponte Felice.