Pubblichiamo integralmente una nota di Federico GILETTI, del Comitato Apidienus:

<< Nell'ordine del giorno della riunione pubblica del Consiglio comunale di Salivano, del 30 luglio 2010, vi era elencato il seguente punto: “Proposta preliminare di ampliamento attività estrattiva di pietra calcarea in loc. San Domenico. Determinazioni”. La proposta, avanzata e approvata dall’Amministrazione comunale di Salisano, consiste nell’avere espresso un parere favorevole, anche se in via preliminare e propedeutica, ad una proposta sulla possibilità di "ampliamento" del bacino di estrazione e delle attività estrattiva riferite alla cava (nella foto) attualmente attiva nei pressi dell’abitato di Castel San Pietro, all’interno del territorio comunale di Poggio Mirteto. Sulla base degli atti amministrativi del Consiglio comunale, si evince che tecnicamente con il termine “ampliamento” viene definita l’apertura di un vero e proprio nuovo bacino, non in località San Domenico (Comune di Poggio Mirteto), come indicato ed in continuità alle attuali attività estrattive, bensì a 1 km di distanza (secondo noi 1,3 km) a nord-est da questa, sul crinale del colle Arogaro-Elci (come risulta dalla mappa allegata alla delibera citata), nel cuore del Comune di Salisano e a breve distanza dal centro abitato.

Il Comitato Apidienus, in quanto associazione impegnata a valorizzare e tutelare il territorio sabino sia nei suoi aspetti storici e culturali come in quelli di carattere naturalistico-ambientale, vuole con il presente comunicato evidenziare gli effetti dannosi che l’apertura di una cava sul colle Arogaro-Elci avrebbe non solo per il territorio di Salisano, ma per l’intera valle farfense, per le popolazioni e lo sviluppo di Salisano e della Bassa Sabina. Senza scendere nel merito della legislazione vigente e della normativa di riferimento e consapevoli dell’effettiva necessità della realizzazione di cave, soprattutto in occasione dei grandi lavori pubblici, si vuole innanzitutto informare la popolazione locale dei fatti, rendendo partecipi i cittadini e le associazioni di settore competenti sull’assunzione di una decisione, anche se trattasi solo di un parere, così delicata e fondamentale per il futuro del territorio e per la qualità di vita dei suoi cittadini. Secondo poi, sulla semplice base della “logica” sarebbe il caso di esprimere una considerazione su quanto possa essere conveniente accettare o promuovere l’apertura di un nuovo bacino estrattivo in un territorio ricco di potenzialità e risorse culturali e naturalistiche che, se debitamente sfruttate, come sembra si voglia fare, potrebbero rappresentare i presupposti di uno sviluppo turistico-culturale sostenibile, fondato sulla promozione del paesaggio, dell’agricoltura di qualità e dei prodotti tipici, oltre che delle evidenze botaniche e storico-archeologiche. La Valle del Farfa e le propaggini della catena montuosa del Tancia, infatti, conservano e nascondono bellezze di indiscussa importanza e di notevole valenza culturale, che dovrebbero essere oggetto di una chiara e specifica volontà progettuale di valorizzazione, tutela e promozione, a differenza di quanto spesso accade. Siamo convinti che sia giunto il tempo per lavorare all’adozione per questo territorio di un modello di sviluppo culturale sostenibile, incentrato su risorse già esistenti, quindi non da cavare o da costruire, ma semplicemente da conoscere, comprendere e valorizzare, evitando scelte contrastanti ed incompatibili con le effettive potenzialità e necessità del luogo, come può essere l’apertura di un’ennesima cava, tra l’altro in una zona che da questo punto di vista ha già sacrificato molto >>.