di Gianfranco PARIS

Ci voleva la minaccia di morte per risvegliare la coscienza politica della classe dirigente reatina. Il problema della abolizione delle province italiane non è nuovo. Non fu inventato per giustificare l'istituzione delle Regioni, come afferma imprudentemente l'assessore regionale di maggio, come rischia di passare alla storia il nostro Antonio Cicchetti, ma fu posto in discussione da Ugo la Malfa negli anni settanta per dare un senso compiuto all'Ente Regione introdotto nel 1970 come unico ente intermedio tra lo Stato e i comuni. Ma La Malfa non venne ascoltato, prevalse la politica del consenso a buon mercato dell'andreottismo di quell'epoca, mentre il buon senso del grande Ugo venne fatto passare per Cassandra.
Ma quello che sta accadendo in questi giorni dimostra che Cassandra aveva ragione. Egli diceva che in periodi di vacche grasse bisognava fare una politica oculata e mettere da parte per il futuro perché prima o poi sarebbero arrivati tempi di magra.
E così è stato e per verità lo è da molto. Sarebbe stato opportuno metterci riparo già da molti anni, ma sia la sinistra che la destra hanno preferito tirare a campare per non sfidare l'impopolarità e così siamo arrivati ad una fase pre fallimentare che minaccia tutti sia i ricchi che i poveri, e bisogna pur fare qualcosa.
Allora è in arrivo la finanziaria più dura dal dopoguerra ad oggi, imposta dall'UE per salvare l'Euro e con esso tutte le economie europee.
E fin qui ci si potrebbe pure stare. L'allegra amministrazione dello stato deve pur avere un termine o quanto meno una inversione di tendenza, speriamo che questa volta non si sia ancora in presenza di pannicelli caldi!

Ma la cosa che stupisce di più è che nella legge finanziaria che dovrebbe occuparsi del risanamento ci si mette di tutto. Così dal cilindro del cappello di Berlusconi e Tremonti è spuntata la eliminazione di 10 province d'Italia che sono al di sotto di 220.000 abitanti, ad eccezione di quelle che confinano con altri stati e di quelle che sono nelle regioni a statuto speciale. Tra queste la nostra di Rieti.
Il dibattito sulla necessità di ristrutturare gli enti locali della Regione Lazio data dal 1990, anno nel quale il Parlamento italiano approvò la legge sul riordino degli enti locali. L'argomento fu posto all'attenzione della classe dirigente locale da Mondo Sabino che organizzò a dicembre di quell'anno un convegno a Passo Corese per prendere cognizione della nuova legge e prepararsi alla sua applicazione. Tutto il dibattito che ne è seguito nei successivi dieci anni è pubblicato nel mio libro “Almanacco di fine millennio” estraibile dal sito mondosabino.it.
Vi parteciparono molti sindaci dei comuni sia della sabina reatina che romana, il Presidente della provincia, il consigliere regionale Ferroni e tutti si dichiarano favorevoli ad un allargamento del territorio della provincia di Rieti in contemporanea con l'istituzione dell'Area metropolitana di Roma.
Non se ne è fatto nulla solo perché i dirigenti romani di tutti i partiti, quelli di maggioranza e quelli di opposizione, hanno preferito coltivare l'ipotesi che l'Area metropolitana di Roma dovesse non solo comprendere tutto il territorio della Provincia di Roma, ma addirittura allargarsi alle altre province.
Per il resto un silenzio assordante con il continuo ritornello che le province son un ente inutile e che dovrebbero essere abolite, mentre nella realtà ogni tanto il Governo ne istituiva altre.
Ora Berlusconi e Tremonti hanno partorito il topolino delle 10 province neglette dimostrando ancora una volta che a loro non sta a cuore il funzionamento dello stato italiano, ma la necessità di sopravvivere nel più perfetto stile andreottiano.
Non è chi non veda come il problema della ristrutturazione degli enti locali possa essere affrontato con una legge finanziaria! Ormai in Italia il parlamento non legifera più, si mette tutto nella legge finanziaria per far sopravvivere la voracità dei partiti. I parlamentari sono una specie di burattini chiamati a ratificare ciò che pensa e vuole colui che li ha nominati. Così si buttano là provvedimenti che hanno il solo scopo di tappare buchi, senza il minimo buon senso.
Così il paventato provvedimento ha messo in subbuglio il mondo politico locale. Siamo al panico! Non contano niente e lo sanno, così si lamentano e schiamazzano come le oche del Campidoglio.
Da sinistra non arriva, almeno per ora, alcuna proposta seria e concreta. Melilli e Perilli hanno diffuso comunicati di protesta, alti lai contro la politica del governo nemico e ben gli sta a chi ha votato per loro! Niente di più inconcludente. La destra, almeno così si legge nei comunicati del Sindaco Emili e del capogruppo della Provincia Costini prende in considerazione la proposta agitata da un ventennio nelle pagine di Mondo Sabino dal sottoscritto che prevedeva l'allargamento della provincia di Rieti verso Roma dopo la istituzione dell'Area metropolitana, che oggi dovrebbe chiamarsi Roma capitale dopo l'approvazione delle recente legge voluta dal centro destra.
Se il direttore di Mondo Sabino dovesse essere animato dal desiderio di rivincita, dovrebbe dire: ben gli sta! Purtroppo questo passa casa, ed allora è inutile infierire, anzi dannoso.
Io sono convinto che non serve a niente fare una battaglia pura e semplice per salvare la provincia di Rieti così com'é. Le province italiane così come sono oggi, sono una spesa inutile e rappresentano un ostacolo al libero svolgimento delle attività dei comuni, qualora non siano di entità tali da meritare il dispendio della presenza di organi amministrativi. In altre parole i comuni dovrebbero avere una popolazione ed un territorio che ne giustifichi l'esistenza. In provincia di Rieti dovrebbero essere aboliti quasi tutti.
Occorre quindi che l'iniziativa venga presa dalla Regione Lazio. Bisogna pretendere che non ci può essere abolizione della provincia di Rieti se non in un quadro di ristrutturazione dello intero territorio della regione, e ciò può essere fatto con gli strumenti giuridici già a disposizione con la legge per Roma capitale. Battersi per mantenere lo statu quo è inutile e dannoso, anzi bisogna approfittare della “disgrazia” per dare non solo a Rieti, ma alle altre 3 province ed al Lazio intero un assetto rispondente alle necessità dei tempi che sono cambiati.
Dovrà essere quella la sede per valutare l'opportunità di studiare come riorganizzare il nuovo rapporto tra Ente Regione ed enti locali del suo territorio. Sarà quella la sede per verificare se le province vanno abolite o mantenute, se debbono ancora esistere comuni con poche centinaia di abitanti e in che modo debba essere organizzato il rapporto tra cittadini e P.A. nel rispetto della costituzione.
Oso sperare che il dibattito si incanali nelle giusta direzione, diversamente saremo alle solite.