A Rieti le nozze con i funghi di Angelino ALFANO.

di Gianfranco PARIS

Il ritornello è sempre lo stesso: “per risolvere il problema della sicurezza costruiremo più carceri”. E' una frase che ricorre dal 1994 tutte le volte che il Ministero della Giustizia è stato in mano alla destra. Un ritornello ad uso e consumo dei “bempensanti” italiani, specie di quelli del nord, che, avendo raggiunto uno standard di benessere senza tanta fatica perché per la maggior parte frutto dello indebitamento stratosferico nazionale che oggi si ripercuote sui giovani che non intravedono più nessun tipo di futuro, pensano di difenderlo mettendo in carcere tutti coloro che in qualche modo possono mettere in discussione la loro pigra beatitudine. E la destra ci naviga di bolina, mentre la sinistra ci naviga di conserva incapace di elaborare una strategia carceraria adeguata alla sua matrice ideologica. Fu sull'onda di questo slogan che Rieti fu individuata come luogo dove costruire un nuovo complesso carcerario. Da allora sono passati quasi venti anni e da due anni il nuovo carcere è diventato una realtà “immobiliare”. Badate bene immobiliare, perché parlare di realtà carceraria è una vera sciocchezza, come vedremo più avanti. Il complesso carcerario reatino si compone di quattro reparti più una zona per i semiliberi ed una per gli isolamenti. Più un reparto degenza per 14 posti con 5 camere. Tutto il complesso (nella foto) è stato concepito per ospitare 306 detenuti. Secondo gli standard di affollamento oggi praticati l'attuale struttura organizzativa sarebbe capace di tollerare 437 detenuti, cioè circa il 35% in più. Tutti i dati da me citati sono desunti da fonti ministeriali.

Rispetto alla situazione odierna delle carceri italiane il complesso reatino sembrerebbe una specie di luogo di villeggiatura per detenuti dove sarebbe possibile praticare al meglio il principio della rieducazione previsto dalla nostra costituzione. Ma se andiamo ad analizzare come il Ministero di Grazia e Giustizia oggi utilizza la struttura realizzata ci accorgiamo che le cose stanno molto diversamente e come le promesse di risolvere il problema della sicurezza dei cittadini con il carcere siano una vera e propria chimera. La burocrazia ministeriale chiama il carcere reatino Casa circondariale, ma in realtà viene utilizzata come Casa di reclusione. La Casa circondariale dovrebbe ospitare solo i reclusi del circondario del tribunale locale, mentre la casa di reclusione ospita tutti. A Rieti ci sono reclusi in attesa di primo giudizio, condannati in attesa di definitivo e detenuti in espiazione, cioè ogni tipo di carcerati. Essi sono ospitati tutti nel reparto F, l'unico oggi in funzione dopo due anni dalla messa a disposizione del complesso alla amministrazione carceraria ministeriale. Questo reparto secondo il regolamento dovrebbe ospitare 56 reclusi, mentre in realtà ne ospita 110/112/113 a seconda delle variazioni giornaliere. 1/5 in attesa di primo giudizio, 1/3 definitivi e 60 o giù di lì in attesa di giudizio definitivo, con un indice di affollamento del 100%. Possiamo così subito dire che la villeggiatura per reclusi privilegiati che potrebbe consentire la struttura già si annuncia più che disagiata. Ma non è tutto. Manca ad esempio il reparto di degenza che, come abbiamo visto, potrebbe ospitare 14 reclusi in 5 camere. La direzione del carcere ha inoltrato la domanda per la sua attivazione. Ma questo reparto deve essere attivato per legge dalla ASL e la ASL deve attingere i fondi dal disastrato bilancio regionale oggi amministrato dalla Polverini che ha disposto la soppressione non solo degli ospedali periferici della regione, ma ha tagliato anche i fondi per altre opere infrastrutturali, figuratevi se il reparto degenza del carcere reatino riceverà mai i fondi per essere messo in funzione! Così intanto in quelle 5 stanze “ci corrono i sorci”. Mentre nel carcere oggi il 30% dei reclusi sono tossicodipendenti che sono coloro che hanno più bisogno di assistenza sanitaria e che per ora viaggiano tra il carcere e l'ospedale, aggravando il lavoro degli addetti alla sorveglianza e del servizio amministrativo. Il personale di Polizia Penitenziaria a disposizione per la sorveglianza oggi ammonta a 112 unità, il rapporto tra personale e reclusi è quasi di 1/1, una vera rarità nel panorama nazionale. Tuttavia si registra una notevole turbolenza dei rapporti sindacali nei confronti della gerarchia, ma non per ragioni di disagio odierno. Infatti se spesso si ricorre a turni superiori a quelli previsti dalla norma, ci si lamenta per i riposi settimanali e i buchi da tappare, tutto viene assorbito dal fatto che il personale in maggioranza non risiede a Rieti e spesso preferisce lavorare di più in una sola volta per avere riposi più lunghi. Insomma, una mano lava l'altra nella più genuina prassi nazionale. Le lamentele riguardano il futuro, cioè l'apertura degli altri tre reparti che dovrebbero portare a Rieti altri 200/400 carcerati. E se ciò accadrà, come dovrebbe accadere, nulla lascia prevedere condizioni migliori di lavoro per tutti loro. In una recente visita della Polverini al carcere reatino la stessa ha solennemente annunciato che le celle sono state trasformate da due a quattro posti, con letti a castello,, e con ciò ha giustificato il raddoppio della popolazione carceraria come cosa normale. Per poter far fronte ai nuovi arrivi la Polizia penitenziaria dovrebbe aumentare di 2/3, cioè di altri 200 effettivi, o almeno di altre 150 unità. Se così non fosse il lavoro diventerebbe un inferno anche per loro e non si saprebbe più chi deve scontare qualche pena: i reclusi o i sorveglianti! Ma anche tutto ciò non basterebbe, perché per far fronte alla presenza di 450 reclusi occorre tutta una struttura amministrativa e di servizi potenziata almeno di 20 unità rispetto a quella odierna più 20 addetti ai servizi previsti dalla legge. Diciamo un totale di 240 dipendenti in più di quelli di oggi. Questa è la situazione reale rispetto al problema del funzionamento a pieno regime del carcere reatino. E per questo il personale è fortemente preoccupato e a buona ragione, anche perché, dati i tempi che corrono, non si vede dove saranno reperiti i fondi per una tale operazione. E certamente alla prima avvisaglia di giro di vite, per accontentare i forcaioli, vedrete che sarà aperto alla svelta qualcuno degli altri reparti senza inviare il personale necessario per farlo funzionare, e ciò a scapito dei detenuti e dei dipendenti che li debbono sorvegliare. Attualmente per il funzionamento amministrativo del carcere e per gli altri servizi elencati dalla legge sono previsti 35 dipendenti. I presenti sono 15, di cui 8 effettivi e 8 distaccati, mancano 20 unità: contabili, educatori, personale di segreteria. Il servizio di psicologia è affidato ad una consulente esterna. Mancano in sostanza tutte le figure professionali che dovrebbero rendere concreta la funzione costituzionale della rieducazione della pena. Qualche settimana fa tutti gli italiani hanno visto in tv in quale situazione sono le altre strutture carcerarie che in questi ultimi anni sono state iniziate e ancora da completare. Così di fronte al marasma generale della situazione carceraria italiana che registra una situazione insostenibile, il carcere reatino per la burocrazia ministeriale viene considerato una specie di “albergo”! A me pare invece che possano e debbano farsi alcune amare constatazioni che la dicono lunga sulla bontà della politica complessiva posta in essere dal Governo nazionale e dalla classe politica in generale rispetto al problema carcerario italiano. Una prima considerazione riguarda il perché la popolazione carceraria aumenta senza accenno a diminuire nemmeno un po' o magari con momenti di rallentamento. Il carcere reatino per quanto riguarda i motivi per cui si finisce in carcere, marcia sulla media nazionale: un terzo provengono dalla legge Fini-Giovanardi sulla droga ed un altro terzo dalla legge Fini-Bossi sull'immigrazione clandestina. Se non ci fossero queste due leggi non ci sarebbe bisogno di nuove carceri e, come dice Angelino Alfano & soci, quelle esistenti sarebbero più che capaci di ospitare quel terzo che delinque in violazione del codice penale ordinario, non ci sarebbe bisogno di assumere nuovo personale e potrebbero funzionare tutti i servizi previsti per la rieducazione e l'assistenza dei detenuti. A monte quindi, a stare ai dati statistici, vi è un problema politico: per accontentare i cosiddetti “ben pensanti” spaventati dai drogatelli e dalla delinquenza amplificata degli extracomunitari e carpirne il consenso elettorale i parlamentari mantengono in vita le due leggi che sono la vera fonte primaria del sovraffollamento delle carceri italiane. La seconda considerazione è che la demagogia non paga mai quando non è fondata sulla soluzione reale dei problemi. E' demagogico affermare che il problema può essere risolto con la costruzione di nuove carceri quando si sa bene che per farle ci vogliono molti anni e non ci sono i soldi per finanziarle. Per costruire il carcere reatino ci sono voluti, tra chiacchiere e fatti operativi, quasi dieci anni e, dopo due anni dalla consegna dell'immobile, ne funziona solo un quarto per mancanza di soldi per assumere personale. E quello che funziona, anche se rispetto alla situazione nazionale appare una specie di isola del benessere, è privo dei servizi essenziali previsti dalla costituzione a tutela della funzione rieducatrice della pena e del servizio di assistenza sanitaria, nelle cui camere ci corrono per ora i sorci e chissà fino a quando ci correranno! La terza considerazione è che chi paga le conseguenze di tutto questo sono i carcerati ed i loro carcerieri. I primi perché debbono vivere in condizione di sovraffollamento costante ed in mancanza di servizi essenziali per mancanza di strutture e di personale adeguato, i secondi perché sono costretti a lavorare in condizioni di continuo superlavoro dovuto alla mancanza cronica di organico e di precarietà. Una classe dirigente responsabile e pensosa dei problemi della collettività dovrebbe trarre le conseguenze logiche da questa situazione che a loro è ben nota, ma non è così, a loro interessa solo tirare a campare e mantenersi buono l'elettorato continuando a carpirne il voto. Infine, c'è un aspetto che riguarda i reatini in particolare, ma è analogo in qualunque luogo dove c'è un carcere. Quando fu costruito il carcere a Rieti, per ottenere il consenso dei cittadini fu usata la solita arma di ricatto dell'indotto carcerario in volume di affari e posti di lavoro. Pertanto è comunque istruttivo oggi verificare a che punto siamo in ordine a questo aspetto della questione carceraria reatina per la quale Mondo Sabino si spese molto contro, quando fu deliberato di concedere il terreno. Oggi funziona solo la mensa detenuti del reparto aperto. Ci lavorano i detenuti che sono retribuiti secondo le tariffe. Funziona inoltre la mensa agenti dove lavorano tre reatini esterni. Reatina è la psicologa a consulenza. Gi agenti che abitano a Rieti sono circa 40, gli altri 60 viaggiano, sono pendolari, che sono poi quelli che preferiscono i turni lunghi per avere più ore di riposo. La spesa alimentare è presumibile che venga fatta a Rieti con contratti di fornitura. Il reparto sanitario, la cui organizzazione spetta alla USL potrebbe far assumere qualche altro reatino, ma per ora non se ne parla e credo che in quelle 5 stanze ci correranno i sorci ancora per molto tempo. Questo è quanto. Ai lettori l'ardua sentenza!