di Gianfranco PARIS

Alla fine il bubbone è scoppiato. Si sentiva nell'aria da vario tempo e marciava di pari passo con l'insoddisfazione di alcuni dipendenti che, tagliati fuori dal giro degli appalti, sentivano il pericolo di non poter prendere più nemmeno stipendio, ma ai quali mancava il coraggio di dire quel che sapevano o si sentivano coinvolti dallo stesso sistema che li aveva fatti assumere. I Carabinieri indagavano da tempo e finalmente sono arrivati gli avvisi di garanzia per tre dipendenti, un imprenditore ed un ex membro del Consiglio di Amministrazione, uno ben in vista nella lista dei politici locali. Ma per capire bene che cosa è questa storia bisogna rifarsi al recente passato quando si decise di trasformare l'Istituto Autonomo della Case Popolari in ATER, un nuovo strumento che avrebbe dovuto trasformare il vecchio e superato istituto che aveva dato una casa ai meno abbienti per circa cinquant'anni in una moderna e più efficiente azienda si servizi. Ma le cose no sono andate come i proclami lasciavano supporre. A parte il Consiglio di Amministrazione che fu concepito secondo le regole della più perfetto stile del manuale CENCELLI della prima Repubblica, ancor peggio si fece con i dipendenti. Ogni partito su piazza ebbe la sua quota. Così tutti i dipendenti, nessuno escluso, diventarono fin dall'inizio la possibile copertura di ogni eventuale scelleratezza. Una specie di blocco omogeneo al servizio di tutto meno che degli interessi della collettività e degli scopi fondativi dell'azienda. Tra membri del cda e dipendenti all'ATER di Rieti ci sono immischiati tutti i partiti, dico tutti dalla estrema destra alla estrema sinistra, basta scorrerei loro nomi per constatare che sono tutte persone impegnate in politica, cioè in quota di qualche partito.

Questa situazione ha consentito ogni scelleratezza. Quella oggetto degli avvisi di garanzia notificati questi giorni è al limite della più sfrenata fantasia dei furbetti del quartierino. Pensate: l'ATER ha acquistato a trattativa privata e senza alcuna stima del valore dei terreni un'area per la costruzione di appartamenti in una frazione del comune di Rieti. Area che fu venduta all'ATER, attraverso una società di comodo, dallo stesso imprenditore al quale l'ATER stessa affidò l'appalto dei lavori senza bandire la gara d'appalto. Tutto ciò agevolato dal comportamento di un membro del CdA e da un dirigente dell'ATER, risultato quest'ultimo parente dell'imprenditore al quale erano stati affidati i lavori. Questo per ora sul piano giudiziario. Ma non finisce qui perché si indaga su ben altro ancora, cioè sull'affidamento di appalti di manutenzione delle case di proprietà dell'ente a trattavia privata, sempre senza bando di gare d'appalto, a società che sarebbero formate da mogli e parenti di dipendenti dell'ente, appalti che avrebbero assorbito ogni disponibilità di bilancio dell'ente stesso a tal punto che oggi si fatica a pagare gli stipendi dei dipendenti che non sanno che pesci prendere, anche perché, messi lì da tutti i partiti, non possono nemmeno protestare, ma imprecare perché vittime di se stessi e del sistema che li ha generati. Sembrerebbe un bel soggetto per una commedia degna di Edoardo DE FILIPPO se non fosse una tragedia della monnezzosa vita politica italiana di oggi. Questo è quello che succede all'ATER oggi, un ente partorito dal sottogoverno della politica partitocratica di oggi nel quale sono applicati con certosina perfezione i metodi della Mano nera con la partecipazione di tutti al fine di coprirsi reciprocamente. Maggioranza e opposizione legati a doppio filo nella scellerata gestione della cosa pubblica al solo scopo di arricchirsi alle spalle della cittadinanza che, mantenuta nell'ignoranza dalla mancata opposizione, non riesce nemmeno a percepirne gli effetti se non quando tutto è stato compiuto. E' così che vanno oggi le cose anche qui da noi. Ma non c'è da meravigliarsi più di tanto perché anziché reagire si preferisce sperare di essere chiamati alla spartizione del bottino perché non c'è più più nemmeno la voglia di indignarsi!