Attraverso un documento predisposto dall’Assessorato alle Riforme Istituzionali, la Giunta regionale ha avviato la discussione per l’attribuzione alla Regione Umbria di ulteriori forme e condizioni di autonomia ex art. 116, III comma della Costituzione. L’intenzione è quello di costruire un percorso condiviso e comune con le Regioni Toscana e Marche, che potrà essere successivamente allargato anche alla Regione Lazio, e dunque di istituire un Tavolo di lavoro unitario per il confronto con il Governo nazionale. A questo proposito, nei prossimi giorni, l’Assessorato ha ricevuto il mandato di coordinare gli atti formali necessari con Marche e Toscana che saranno adottati nelle prossime sedute di Giunta, trasmessi per l’approvazione all’Assemblea Legislativa in modo da poter presentare l’istanza al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e dunque attivare il Governo nei sessanta giorni successivi al ricevimento. << Per anni il leit-motiv che ha contraddistinto l'azione regionale è stato quello della “regione leggera” - si legge nel documento dell’Assessorato. L'obiettivo della Regione leggera, in questi anni è stato obiettivamente raggiunto mediante la diminuzione degli assessori e dei consiglieri regionali; la drastica riduzione dell'apparato regionale e delle sue agenzie; il contenimento del numero delle società partecipate; la riforma delle province; la liquidazione delle comunità montane; l'accorpamento delle aziende sanitarie; l'abbattimento dei costi della politica. Dalla “Regione leggera” bisogna però passare alla “nuova Regione”, visto che oggi le regioni appaiono come macchine bloccate, e molti di questi blocchi vengono dal rinvigorito centralismo che taglia risorse ed aumenta il proprio peso di decisione sulle politiche regionali.

 

Questo - prosegue il documento - è un dato che ha contribuito a spingere le regioni del Nord a chiedere un nuovo patto con lo Stato centrale. Alcune (quelle del lombardo-veneto) hanno imboccato la via referendaria; altre (l'Emilia-Romagna) la strada costituzionale individuata dall'art. 116 della Costituzione”. L'art. 116 prevede, in sostanza, che le Regioni possano ottenere una maggiore autonomia legislativa ed amministrativa su materie di vitale importanza per i territori, quali beni culturali e paesaggio, ambiente, governo del territorio, turismo, diritto allo studio, formazione ed istruzione, università, sviluppo economico, sanità e welfare. A questo proposito il Governo nazionale sembra aver posto due condizioni. La prima, è che le Regioni per potersi sedere al tavolo del negoziato debbano avere i conti a posto; la seconda è che l'attribuzione di maggiore autonomia legislativa ed amministrativa non debba minare il fondamento dell'unità giuridica ed economica dalla Nazione. L'Umbria - afferma l’Assessorato alle Riforme - ha i conti a posto e può, dunque, sedersi al tavolo dell'art. 116 con l'obiettivo di avere una Regione più semplice e competitiva, mettendo l'autonomia come leva dello sviluppo e della semplificazione. L'Umbria non ha bisogno e non vuole un aumento indiscriminato di competenze, ma una “autonomia selettiva” messa al servizio di grandi obiettivi programmatici in cui si pone come territorio di eccellenza (c.d. regione benchmark). L'autonomia selettiva dovrà, dunque, riguardare le eccellenze del territorio in modo che la concessione di nuove funzioni porti a risultati tangibili, misurabili nel breve medio periodo, in termini di sviluppo culturale ed economico della Comunità regionale. Gli obiettivi programmatici su cui concentrarsi e da sottoporre ad un ampio dibattito con le istituzioni e forze sociali dell’Umbria - conclude il documento regionale - sono la grande bellezza, la leva del sapere, la salute, la protezione civile e la prevenzione sismica >>.

Gli ambiti delle forme di autonomia richieste: la “grande bellezza”, con il suo paesaggio ed i beni culturali, e tutta la filiera che coinvolge gli operatori economici del settore, le istituzioni culturali e finanziarie. L'Umbria potrebbe ottenere più autonomia, in modo da gestire in proprio la valorizzazione del patrimonio culturale, oggi affidato in coabitazione con lo Stato e le Soprintendenze. Più delicato il campo della tutela del patrimonio culturale, su cui, peraltro, la Regione potrebbe avanzare la richiesta di avere un ruolo pro-attivo sulla scelta e valutazione dell'operato delle soprintendenze. Più in generale la Regione potrebbe richiedere l'attribuzione anche in via di delega di tutta una serie di funzioni amministrative paesaggistico-ambientali, fermo restando il potere sostitutivo e di vigilanza dello Stato. Con l’acquisizione delle competenze richieste si otterrebbe una razionalizzazione degli interventi di tutela, valorizzazione e gestione dei beni culturali regionali derivante dalla riconduzione ad unità dell’azione amministrativa. Questo consentirebbe la salvaguardia e la conservazione del bene, grazie anche alla correlazione della prassi operativa con la ricerca sviluppata da università, imprese e istituti culturali in Umbria; la conoscenza, il godimento e la fruizione pubblica del bene, lo sviluppo di nuove tecnologie e metodologie e il raccordo con le filiere produttive; il potenziamento delle attività di tutela attraverso attività di valorizzazione. Inoltre, si richiedono l’acquisizione della titolarità o della gestione dei beni culturali statali presenti sul territorio regionale (musei, biblioteche, archivi, aree archeologiche, complessi monumentali), al fine di superare l’attuale gestione accentrata ritenuta non più compatibile con un efficiente assetto delle competenze e con una adeguata allocazione di risorse finanziarie che occorre fiscalizzare, ivi compreso il Fondo unico per lo spettacolo. Il medesimo risultato potrebbe essere rafforzato mediante il conseguimento dell'autonomia anche nel campo dell'urbanistica e dell'edilizia.