Per il recupero, il restauro e la conservazione dei beni e delle opere danneggiate il deposito del Santo Chiodo, realizzato dalla Regione Umbria, rappresenta un modello da riproporre in tutti i territori esposti al rischio di calamità naturali. Questo è emerso durante la visita effettuata da una delegazione del Consiglio Superiore dei Beni Culturali del Ministero dei Beni, delle Attività culturali e del Turismo, nella sede del deposito spoletino in cui sono ricoverate le opere messe in salvo dopo il terremoto del 2016. La delegazione era guidata dal Presidente del Consiglio Superiore, Prof. Giuliano VOLPE, e composta dal Segretario generale, Carla DI FRANCESCO, dal Prefetto Fabio CARAPEZZA GUTTUSO, a Capo dell’Unità di crisi del coordinamento nazionale del ministero dei Beni culturali e dai presidenti e membri dei comitati tecnico-scientifici, accompagnati dalla Presidente della Regione Umbria Catiuscia MARINI, dall’Assessore regionale alla Cultura, Fernanda CECCHINI, dall’Arcivescovo di Spoleto Norcia, Mons. Renato BOCCARDO, dalla Soprintendente ABAP dell’Umbria, Dr.ssa Marica MERCALLI, dal Direttore dell’Istituto Superiore per la Conservazione  ed il Restauro architetto, Gisella CAPPONI, e dalla Dr.ssa Sandra ROSSI, in sostituzione del Direttore dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, Marco CIATTI. La visita si inquadra nel programma di incontri che il Consiglio Superiore ha voluto promuovere nei maggiori centri del cratere del sisma del 2016 per valutare i risultati raggiunti e dare un concreto segnale di solidarietà non solo ai funzionari e ai tecnici impegnati nell’azione di recupero e salvaguardia, ma anche a tutte le istituzioni presenti sul territorio.

 

Nel corso della ricognizione al deposito e poi durante l’incontro con la stampa locale (nella foto), è stato ricordato che attualmente, nella struttura, sono custodite 5.615 opere di varia tipologia per alcune delle quali si è resa obbligata la conservazione in un’area con situazione ambientale controllata, per stabilizzarne le condizioni e permetterne il recupero. Dopo il recupero è stata redatta una scheda inventariale per ogni pezzo ed è stata effettuata un’analisi conservativa per verificare la necessità di intervenire immediatamente con operazioni manutentive, come la depolveratura e la rimozione di depositi incoerenti, per poter poi programmare interventi di restauro. Circa 200 opere sono state oggetto di un primo intervento. La Regione con le opere recuperate ha allestito la mostra “Tesori dalla Valnerina” nella quale sono state esposte 23 opere restaurate nei mesi successivi al 24 agosto 2016, mentre un’altra decina sono in corso di restauro o sono appena state restaurate, anche grazie a interventi privati, come la statua lignea della Madonna di Savelli restaurata dal FAI. A Santo Chiodo al momento sono impegnati anche restauratori dell’Opificio delle Pietre Dure con il progetto finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze.

<< La visita qui a Spoleto e nei cantieri dei beni culturali  della Valnerina danneggiati dal sisma del 2016 da parte del Consiglio superiore dei Beni culturali del Ministero - ha dichiarato la MARINI - rappresenta un’occasione importante per un confronto operativo tra la Regione, il Ministero e la Soprintendenza, sia sull’esperienza del Deposito di Santo Chiodo per il recupero dei beni mobili e delle opere danneggiate, sia per valutare la fase di avvio dei restauri conservativi e dei cantieri che riguardano 300 chiese nelle 4 regioni colpite dal sisma. Mentre nel Piano approvato dalla Regione Umbria sono molti gli interventi sugli edifici storici che, accanto agli interventi sulle scuole e sulle opere pubbliche e infrastrutture,  rappresenta il terzo polo della ricostruzione. L’Umbria ha fatto tesoro delle esperienze passate - ha proseguito la Presidente - e la realizzazione del Deposito di Santo Chiodo ha permesso di accorciare i tempi della messa in sicurezza delle opere. Dobbiamo ora pensare ad un lavoro comune finalizzato a mettere in sicurezza tutto il nostro patrimonio artistico culturale e monumentale, visto che l’esperienza del 2016 ci dice in modo chiaro che i nostri beni sono sottoposti ad una fragilità strutturale >>.

A tal fine, il Presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, Giuliano VOLPE, ha affermato che << … bisogna investire molto per la prevenzione e la manutenzione ordinaria dei beni culturali, un patrimonio ricchissimo, ma delicato e fragile. Tutto ciò è possibile operando anche a stretto contatto con la Protezione Civile >>. In proposito, il Prefetto CARAPEZZA ha annunciato che << … stiamo lavorando per la costruzione di un rapporto sempre più stretto tra Unità di crisi del ministero e Protezione Civile >>. << L’Umbria con il Deposito di Santo Chiodo - ha aggiunto il Segretario generale del Consiglio, Carla DI FRANCESCO - ha sperimentato un modello che dovrebbe essere ripetuto. Un luogo come questo, nell’emergenza fa la differenza. Accanto al recupero delle opere va però coltivata la cultura della prevenzione e della messa in sicurezza dei beni culturali, partendo dal presupposto che ci sono tutte le condizioni per rendere ciò possibile >>.

L’Arcivescovo di Spoleto-Norcia ha ricordato che << … vicino a questo grande e importante lavoro sui beni culturali c’è anche la ricostruzione dei luoghi di vita dei cittadini >>. << Nell’emergenza - ha detto il Direttore dell’Istituto superiore per la Conservazione ed il Restauro, Arch. Gisella CAPPONI - siamo stati capaci di fare sistema per salvaguardare un patrimonio comune in modo condiviso e con una metodologia complessa >>. La Dr.ssa GROSSI, dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, dopo aver portato i saluti del direttore, ha illustrato il lavoro che l’Opificio sta svolgendo nel deposito. Il programma della visita, con la presenza della Presidente MARINI,  è proseguito a Norcia  per la presentazione dei maggiori cantieri di ‘messa in sicurezza’ delle chiese e a San Salvatore in Campi dove, anche con la presenza dell’Arch. CAPPONI, saranno mostrati i lavori di messa in sicurezza e di selezione dei frammenti di affreschi della chiesa nella quale sarà a breve allestito un laboratorio di restauro di cui avrà la direzione scientifica lo stesso ISCR, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria.