di Domenico BENEDETTI VALENTINI

Leggendo i pronunciamenti di questi giorni sul destino degli Uffici giudiziari, in Umbria e a Rieti, torno a dire qualcosa. Le dichiarazioni dei politici meritano rispetto. Altrettanto quelle di autorevoli magistrati che, se intendono tranquillizzare, spero abbiano elementi per farlo. Peraltro ho conoscenza abbastanza analitica dell’organizzazione giudiziaria territoriale di tutta Italia,  ventennale esperienza parlamentare di cosiddette “riforme” e appassionata tradizione di progettualità difensiva dei presìdi giudiziari considerati “minori” dei quali i tecnocrati e i “poteri forti” - economici, politici, magistratuali e perfino forensi - invocano la progressiva soppressione a favore di un forsennato accentramento che dovrebbe determinare presunte economie di scala e mitiche specializzazioni in poche grandi sedi. Io sostengo invece la “filosofia”, sociale oltre che giudiziaria, del riequilibrio tra le circoscrizioni troppo grandi, congestionate e infrequentabili da avvocati e operatori, e quelle confinanti più piccole che possono essere incrementate, distribuendo più fluidamente i carichi di lavoro e mantenendo la dotazione istituzionale delle città diffuse sul territorio.

 

Sono consolato che oggi, sotto l’incalzare delle nuove soppressioni minacciate dal governo, altri sposino la mia teoria del riequilibrio, a sostenere la quale in passato non ho trovato molti alleati. Però il dibattito su soluzioni e prospettive va fatto con cognizione di causa, lo dico agli umbri dei tribunali di Perugia, Spoleto e Terni, e l’ho detto a vari colleghi di Rieti a cominciare doverosamente dal Presidente dell’Ordine: sono personalmente disponibile ad un urgente e approfondito, cordiale scambio di informazioni, sulla base del quale ognuno maturerà orientamenti e iniziative. Vanno evitati proclami non fondati sui fatti. I fatti sono che la Commissione ministeriale ha licenziato il suo lavoro, cioè uno schema di legge-delega che prevede “riduzione” sia di Corti d’Appello sia di tribunali (per questi ultimi sarebbe la seconda dopo soli tre anni). E si presenta come una delega praticamente illimitata e senza parametri concreti, quindi ogni tranquillizzazione sparsa da Trento a Messina è molto fragile. I confini regionali e quelli ex provinciali varranno più poco o niente. Che le circoscrizioni meno grandi, come può essere Perugia tra le Corti d’Appello o Rieti tra i tribunali, abbiano durevole prospettiva solo ampliandosi - appunto con la filosofia del riequilibrio funzionale - dovrebbe essere chiaro.

Resta però da capire se questo non facile obiettivo può essere raggiunto “da soli”, oppure inquadrandolo dentro un progetto di area vasta in cui ciascuno abbia titolo ad essere non soppresso, ma piuttosto promosso a maggior ruolo. In questa sede non mi faccio lecito nominare questo o quel comune del territorio laziale e ho raccomandato agli umbri di non fare nomi specifici di territori confinanti, perché occorre avere rispetto e consultazione con gli operatori locali, verificando la coincidenza o meno dei reciproci interessi e progetti. Urgente è condividere il principio, poi lo si cala sulla carta geografica giudiziaria. Sotto questo profilo l’ordine del giorno approvato all’unanimità dal Consiglio regionale dell’Umbria è assolutamente positivo e corretto scegliendo il criterio ma lasciando aperta ogni prospettiva: del resto recepisce una posizione ormai espressa da quasi tutta l’avvocatura umbra. Confido che anche a Rieti, il cui Tribunale va consolidato recuperando il tempo perduto, il dibattito si svolga su presupposti progettuali: si dovrebbe andare dove si può “pesare” di più e si trova un servizio migliore e più veloce. Ne vogliamo parlare?