A cura dell'Avv. Gianfranco PARIS, Direttore responsabile del mensile MONDO SABINO:

<< Oggi parleremo della Spagna per cercare di capire l’Italia. La Spagna ci servirà come termine di paragone che ci costringerà alle opportune riflessioni. La Spagna è certamente il paese europeo più emergente del momento storico che viviamo. Venuta fuori solo trent’anni fa dal buio del regime franchista, in poco tempo ha acquistato fiducia nelle sue capacità ed ha iniziato un percorso di sviluppo così rapido che non ha precedenti nella storia contemporanea.
Priva di solide istituzioni democratiche, munita di scarse risorse economiche ma con un popolo affamato di recupero, ricca solo di una storia che l’aveva vista protagonista per almeno tre secoli nel panorama delle potenze mondiali, anche se raggiunta con gli strumenti di epoche nelle quali non si andava per il sottile, ha avuto la fortuna di imbattersi in un re ancor giovane che aspettava di essere chiamato da Franco per una successione morbida che avesse scongiurato le efferatezze della guerra civile degli anni trenta del secolo scorso.
Juan Carlos, che ha la mia età e che è nato a Roma quando la sua famiglia era in esilio, ha messo a frutto le brutte esperienze e si è schierato subito con la maggioranza della popolazione che voleva fosse inaugurata una nuova era contro uno sparuto gruppo di facinorosi, annidati ancora nello esercito, al momento del suo rientro. Ed ha avuto il coraggio di sfidare il colonnello Tejero che pistola in pugno cercava di intimidire i rappresentanti del popolo alle Cortes!
E il popolo ha subito approfittato di questa disposizione per scegliersi una classe politica all’altezza della situazione, capace di portare la Spagna nel più breve tempo possibile nel novero delle nazioni più prospere del mondo.

Hanno iniziato entrando nella Comunità Europea, subito mettendo in moto una prospera economia che, a tassi di sviluppo da capogiro, in pochi anni ha raggiunto i sei paesi più prosperi d’Europa.
E’ di questi giorni la notizia, ormai non più incerta, che la Spagna ha superato l’Italia quale potenza economica europea.
E la cosa più eclatante sta nel fatto che in questi ultimi anni gli elettori spagnoli hanno dato la maggioranza ad un giovane politico di sinistra, quel Zapatero che, senza nulla concedere alle chiacchiere, ha proposto e fatto approvare dal parlamento spagnolo un corpo di leggi sui diritti civili le più avanzate del mondo occidentale. E pensare che la Spagna è uno dei paesi più cattolici del mondo. A nulla è valsa l’opposizione della gerarchia ecclesiastica i cui alti lai hanno ammorbato parte del cielo mediterraneo senza raggiungere effetto alcuno. Il popolo spagnolo ha chiaramente detto al papa ed ai vescovi che i diritti civili non sono cosa loro senza rinnegare la propria fede cattolica, come dovrebbe essere in un normale paese democratico di stampo liberale, quale ad esempio l’Italia!
Mentre la Spagna è un paese emergente, ora sono diventati anche campioni europei di calcio, l’Italia è invece un paese decadente. Ed anche in questo caso cerchiamo di capire il perché.
L’Italia si è liberata, o meglio è stata liberata, trenta anni prima dal regime monarco-fascista che ne aveva impedito l’inserimento a pieno titolo nel novero del mondo occidentale di marca liberale.
E’ vero che nel 1946 era mal ridotta e che aveva dovuto ricominciare da zero, né aveva molte risorse sulle quali fare affidamento. Ma dopo la catastrofe fascista circolava nel paese una grande ansia di rinnovamento, una forte voglia di nuovo, una volontà di uscire dal ghetto del sottosviluppo e di raggiungere il livello di benessere delle nazioni democratiche.
Questa volontà si incontrò con una classe politica che aveva sofferto molto durante il fascismo, era stata perseguitata, era stata in esilio e soprattutto aveva subito la persecuzione per ragioni ideali.
Questi uomini, portati al potere da elezioni democratiche che avevano registrato per la prima volta nel nostro paese anche il voto delle donne, si sentivano investiti di una missione di natura etica, gente capace di anteporre agli interessi della collettività anche a quelli della propria famiglia.
Uomini come Einaudi, De Gasperi, Parri, Ugo La Malfa, Nenni, chi in un campo, chi nell’altro, furono capaci di imprimere all’Italia il ritmo giusto per la rinascita e di garantire di fronte al mondo occidentale la nostra affidabilità.
Ne venne fuori un periodo aureo, che la pubblicistica dei politologi ha definito “del boom economico”, e che interessò tutti gli anni sessanta, durante i quali l’Italia assunse un altro volto non solo esternamente nel paesaggio urbano, ma anche in quello delle condizioni economiche della popolazione.
Raggiunto questo punto si sarebbe dovuto procedere con intelligenza e cautela con una saggia amministrazione, come farebbe un buon padre di famiglia in momenti di “vacche grasse”, e come suggeriva Ugo La Malfa, uno dei pochi statisti della storia italiana, ma così non è stato.
E’ prevalsa un’altra linea, perseguita con ostinazione da un altro uomo, che non aveva patito sotto il fascismo perché aveva frequentato le accoglienti sale delle biblioteche vaticane, un certo Giulio Andreotti, il cosiddetto “andreottismo” che consisteva nell’assecondare ogni richiesta delle categorie più forti della società alla scopo di conquistarne il voto per mantenersi al potere, includendo in queste categorie anche la mafia, e Ugo La Malfa fu chiamato Cassandra.
Così da allora è iniziato un declino irreversibile del quale non si riesce ad intravedere la fine.
Spese pubbliche inutili elargite per ragioni di sottogoverno, assunzioni da parte dello stato e degli enti locali per contornarsi di clienti, esenzioni di ogni tipo e favoritismi hanno gravato il bilancio dello stato di un deficit mostruoso per pagare il quale non è stato più possibile sostenere politiche di sviluppo, e tutto si è fermato.
In questo giochetto è rimasta irretita anche la classe politica perché la scelta elettorale non veniva più fatta sulla base della valutazione delle azioni politiche portate avanti dagli uomini che si ripresentavano al giudizio degli elettori, ma sulla base dei favori ricevuti.
I più devastati sono stati i partiti politici, cioè quelle istituzioni democratiche che avevano il compito di selezionare la classe politica al potere dei quali si sono impadroniti uomini senza cultura politica e privi di scrupoli, che li hanno scambiati come mezzo per raggiungere fini personali o di gruppo.
Tangentopoli avrebbe dovuto rimediare a questa stortura e ricondurre l’Italia sulla antica e retta via.
Invece è accaduto il contrario. Dal 1994 ad oggi la trasformazione dei partiti in comitati d’affari è stata perfezionata e resa simile a società per azioni, dove il maggior azionista è l’unico padrone e nessuno si può opporre perché i “compari” li sceglie lui e chi non è compare non può far altro che assistere impotente. Silvio Berlusconi, il cosiddetto cavaliere, ne è l’esempio più evidente.
Questo gioco perverso ha sconvolto le idee di tutti, anche della sinistra tradizionale italiana che anziché elaborare una strategia di reazione compatta che tenesse in conto gli interessi della popolazione nel suo complesso, ha ceduto all’andreottismo ed è stata messa K.O. dal berlusconismo perché anche a sinistra quel che prevale è l’interesse dei singoli e dei gruppi di potere.
In questa situazione, dove ognuno pensa ai fatti propri lo sviluppo del paese Italia è andato a farsi benedire da satanasso e non è rimasto che un finto benessere in mano ad una buona parte della popolazione per mantenersi il quale ha venduto l’anima al diavolo.
E così diventa chiaro, per tornare al tema della nostra chiacchierata, come sia logico e naturale che un paese come la Spagna, che appena vent’anni fa veniva descritto come un paese sottosviluppato, ora abbia superato l’Italia come potenza economica e come complesso politico di valori.
Se dovessi esprimermi in termini borsistici direi che il titolo Spagna cresce, mentre il titolo Italia cala e speriamo che non fallisca! >>.

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