di Gianfranco PARIS

Questa storia della sentenza della Cassazione che ha sancito che gli italiani sono stati governati per tanti anni da un imprenditore che con le sue aziende era solito evadere il fisco, costituire all'estero dei fondi con le somme evase e fare utili ai danni dei cittadini, sta diventando veramente insopportabile. Se è vero che in attesa di un giudizio definitivo non è giusto dire che l'imputato di un reato non sia tacciato di infamia, nel caso di BERLUSCONI sta accadendo addirittura che, nemmeno di fronte a una condanna definitiva, sembra si possa affermare che il condannato sia una persona che ha commesso un reato e che possa essere additato alla pubblica riprovazione. E' veramente troppo! Una Repubblica democratica è basata sul principio della divisione dei poteri. Uno di questi è la Magistratura, che esercita il suo magistero con indipendenza secondo il principio fondamentale della eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. BERLUSCONI è stato sottoposto a tre gradi di giudizio, le prove erano schiaccianti, la legge è stata osservata, i magheggi dei suoi avvocati, che non sono stati molti, ma moltissimi, non hanno sortito effetti, quindi tutto si è svolto secondo le regole e le scuse addotte sono risibili e offensive della intelligenza umana (il padrone che non sa quello che fanno i suoi servi in suo favore, suvvia!). E allora? Come italiano, mi rifiuto di farmi prendere per il sellino. Capire perché sarebbe stata commessa una ingiustizia è veramente arduo. Comprendere quanto sta accadendo intorno a questo personaggio in questi giorni offende il buon senso e mette a dura prova la coscienza civica i tutti noi.

Secondo i suoi sostenitori sarebbe stata commessa una ingiustizia, per riparazione dovrebbe essergli concessa la grazia e magari essergli chiesto scusa, e soprattutto non dovrebbe scontare la pena accessoria che gli impedisce di svolgere l'attività politica a salvaguardia degli interessi della collettività, l'altra pena, quella del carcere che la gente qualunque sconta nelle patrie galere che somigliano a quelle di un paese del terzo mondo, lui la passerà agli arresti domiciliari in una delle sue agiate ville, o giù di li. Ora non è chi non veda come un tale atteggiamento da parte di una fazione politica sia particolarmente dannoso per la vita sociale italiana. Gridare al “lupo” contro le istituzioni a difesa di una malefatta dichiarata tale da tre gradi di giudizio rappresenta un vulnus di grave portata che fa strame delle regole della Repubblica e che semina il cattivo esempio. La Magistratura italiana, attraverso tre gradi di giudizio, ha dichiarato che BERLUSCONI ha derubato il popolo italiano arricchendosi alle sue spalle frodando il fisco. Io come cittadino italiano ho il diritto di proclamarlo ad alta voce, ho anche il diritto che un tal personaggio non eserciti la pubblica attività ed ho anche il diritto di non vedere i nostri governanti che, per opportunità del momento, patteggiano su queste cose e che si usino due pesi e due misure nei riguardi dei cittadini. La legge deve essere uguale per tutti. La Repubblica attraversa un momento assai grave della sua giovane storia. Si può uscire dal tunnel solo con il rispetto delle regole del gioco democratico. Non certo con le compiacenze e con gli ammiccamenti per convenienza di questo o quel gruppo politico. BERLUSCONI non è degno di governare né di partecipare alla vita politica di questo paese, tale indegnità risulta per “tabulas”, come si dice in gergo. Si faccia da parte. Dia prova di esser ancora un uomo degno di questo nome! Finché questi concetti non ridiventeranno di dominio pubblico, poca speranza avranno i nostri giovani di vivere in un paese appena normale. Avevo appena finito di scrivere questa nota, quando il mondo dei media è stato colpito dalle esternazioni del presidente del collegio giudicante dei cassazionisti che ha emesso la sentenza della condanna di BERLUSCONI. E' la dimostrazione esatta di quanto questa nostra repubblica del cavolo sia stata devastata dall'insieme delle istituzioni e soprattutto dai mass media. Il desiderio di protagonismo, la ricerca ad ogni costo della notorietà a scapito del buon andamento delle cose è diventata ormai la regola generale. Importa solo il sentirsi “protagonisti”, il sentirsi tutti dei BERLUSCONI, il resto non conta. Se c'è una regola per svolgere con dignità e prestigio il delicato compito di magistrato in qualsiasi parte del mondo è quella della riservatezza, della discrezione e del silenzio. Compiere il proprio dovere come una missione, come un dovere civico. Andare a raccontare ad un giornalista a caccia di notizie eclatanti le cose, che sono state dette in camera di consiglio e che debbono rimanere necessariamente segrete, significa che quel magistrato ha perduto la bussola e il Consiglio superiore dovrebbe mandarlo in pensione con demerito. Ma non sarà così. Intanto il Segretario di Magistratura Democratica si è subito affrettato a dichiarare che quelle parole non modificheranno nulla del verdetto. Ci mancherebbe altro! Ma il problema non è se lo modificheranno o meno, perché non lo potrebbero comunque fare perché siamo in presenza di una sentenza definitiva. Il problema è che queste vicende aiutano a nascere tanti BERLUSCONI in questo paese disastrato e danno fiato a tutti coloro che dicono che in fondo BERLUSCONI non ha commesso reato frodando lo stato e arricchendosi alle spalle di tutti noi. Magistrati così, e purtroppo ce ne sono molti come dimostrano i fatti accaduti in questi ultimi due decenni, non vanno difesi, vanno mandati a casa. E NAPOLITANO non può far finta di non vedere, perché diversamente anche lui va mandato a casa.