Peccato che nessuno abbia pensato di girare l’equivalente di “Riso Amaro”, il celebre film di Giuseppe DE SANTIS con Silvana MANGANO, a Castelluccio di Norcia, dove, tra luglio e ferragosto, le “carpirine”, le raccoglitrici specializzate della celebre lenticchia, affollavano la piana, tra musiche e canti e abitudini secolari ormai quasi scomparse, che rendevano la raccolta << … degna di essere raccontata, come è accaduto per le mondine >>. Appare in questo modo l’Umbria nel libro “Eat Parade” di Bruno GAMBACORTA, versione scritta, come lo definisce lo stesso autore, dell’omonima trasmissione che da 15 anni va in onda il venerdì su RAI Due, primo TG del cibo e del vino, che conta una media di due milioni e mezzo di spettatori. Il volume è stato presentato sabato scorso presso Palazzo del Popolo, nell’ambito della 2^ edizione di “Orvieto Food Festival - Il cibo nutre la mente”. << 35 storie di prodotti e personaggi - ha dichiarato GAMBACORTA, intervistato dal giornalista Lucio BIAGIONI - una per ciascuna Regione e, per qualcuna, qualche storia in più, corredato da una settantina di ricette, rigorosamente locali e senza “top chef” (unica eccezione, per la Sicilia, Ciccio SULTANO), a testimonianza del fatto che a parlare, nel libro, sono soprattutto i territori e chi con passione si dedica da anni a trarne il meglio della produzione agroalimentare e gastronomica italiana, oltre che (grazie a mediatori culturali di grande rilievo) a divulgarne e ad esaltarne il significato nel mondo >>.

Diviso in tre parti, il volume conduce il lettore in giro per l’Italia alla scoperta di personaggi e prodotti fuori dal comune, salvati dall’estinzione o reinventati all’insegna della qualità e racconta le storie di divulgatori appassionati e colti, capaci di scegliere il meglio e proporre il meglio dell’enogastronomia di qualità. E c’è anche una parte (“Rinascere in cucina”), che narra le storie di coloro per i quali la terra e la cucina sono stati un modo per rinascere (i terremotati de L’Aquila e del Friuli), un mezzo per emanciparsi dal disagio sociale (San Patrignano e “Mondo X”), un riscatto dall’oppressione della criminalità organizzata (le cooperative sociali sorte sui terreni confiscati alla mafia) o, semplicemente, lo strumento per inventarsi una nuova vita tornando a coltivare la terra, a produrre o raccontare cibo o vino. Così, fra le narrazioni sui fagioli di Sarconi, “l’oro giallo” di Sorrento, le mozzarelle di Vannùlo, il culatello di Zibello, le acciughe e i gamberi di Camogli, il tartufo, l’olio centenario degli ulivi storici della Puglia, i prosciutti di pecora di Sardegna, i vini biodinamici dell’Alto Adige e il vialone nano veronese, c’è anche l’Umbria, con i suoi “legumi d’autore”. La lenticchia di Castelluccio di Norcia, come si è detto, ma soprattutto la roveja, presentata attraverso le testimonianze e l’esperienza di Silvana CRESCI e Geltrude MORETTI, di Civita di Cascia. E ci sono, a corredo della storia, tre ricette per la roveja, raccontate da Lanfranco BARTOCCI, Presidente di “Bioumbria”, un’associazione di piccoli produttori impegnati a far conoscere il legume ad un pubblico più ampio. Le ricette: una classica zuppa, semplice o con l’aggiunta di “quadrucci” all’uovo o guarnita di baccalà mantecato.