A cura dell'Avv. Gianfranco PARIS, Direttore responsabile del mensile MONDO SABINO:

Le quattro province in rivolta contro il Lazio romanocentrico della POLVERINI

<< Dalle quattro province del Lazio parte finalmente un'idea chiara di riequilibrio del territorio contro un assetto ed una gestione regionale da sempre romanocentrica. Si sono riuniti prima all'Abbazia di Fossanova nel Lazio sud, ora a Rieti, nel Lazio centro nord, per mettere a fuoco una strategia complessiva di approccio al problema per far fronte all'attacco finale della Polverini e di Alemanno che intendono trasformare tutto il Lazio al servizio completo dei soli interessi della capitale. Per verità il problema esiste da almeno venti anni, da quando uscì la legge sul riordino degli enti locali L. 142/1990, anno nel quale chi scrive, nella sua qualità di direttore di Mondo Sabino, sottopose alla attenzione dei comuni di tutta la Sabina la necessità di un necessario riequilibrio del territorio di tutta la regione con un convegno che si tenne a dicembre di quell'anno a Passo Corese nel Comune di Fara in Sabina. Ci sono voluti venti anni per convincere gli uomini della periferia del Lazio che Roma prima o poi se li sarebbe mangiati tutti. C'è voluto ora il tradimento della Polverini nei riguardi degli elettori delle 4 province che l'hanno fatta diventare governatore del Lazio; è appena il caso di ricordare che la Polverini ha vinto su Emma, che aveva vinto a Roma città, di stretta misura per i voti riportati nelle quattro province del Lazio. Tradimento che è sfociato, almeno per quanto riguarda la Provincia di Rieti, nella soppressione dei due ospedali di Magliano Sabina e di Amatrice, nella presa per il sellino della nomina di Cicchetti ad assessore della Giunta regionale, nella mancata nomina di un assessore nelle altre province e di tante altre cose elencate minuziosamente da Giuseppe Paliotta, Assessore al Riassetto del territorio della Provincia di Frosinione, tanto per stare alle prime avvisaglie messe in campo dalla gestione Polverini.

Il tutto aggravato da quanto si va programmando per applicare la legge per Roma capitale che, secondo il Sindaco di Roma Alemanno, avrebbe bisogno di accentrare su di se tutti i poteri per la gestione dello intero territorio del Lazio, lasciando ai comuni e alle province la gestione di soli servizi più onerosi, tipo la sanità e i rifiuti. I più sensibili al richiamo della rivolta si sono dimostrati i sindaci dei comuni più vicini a Roma che da una politica come quella annunciata si vedono integralmente spogliati delle loro prerogative e potenzialmente votati a diventare periferia della capitale dove scaricare ogni tipo di negatività. In particolare i sindaci di Monterotondo e di Fara in Sabina sulla direttrice della Salaria verso Ascoli Piceno e di Magliano Sabina verso la direttrice della Flaminia, comune quest'ulimo guidato da un sindaco di destra protagonista di un pieno di voti a favore della Polverini, che ha già dato il via alla procedura prevista dall'ultima riforma per il passaggio alla regione Umbria. Procedura che aveva iniziato anche il comune di Leonessa circa due anni fa il sindaco di destra Trancassini, rientrata per intervento massiccio dei partiti al momento del referendum, il più pesante quello di Melilli. E la novità interessante è che questa volta i promotori della rivolta sembrano avere le idee molto chiare. Infatti hanno individuato la procedura per raggiungere un risultato concreto per uscire dal mondo delle solite chiacchiere che circondano sempre gli incontri del tipo di quelli di Rieti e dell'Abbazia di Casamari. Infatti, malgrado lo sforzo di una notevole attenzione, poco abbiamo sentito di concreto dal presidente della provincia di Rieti Melilli, che pur era stato l'organizzatore dell'incontro reatino, il quale si è limitato a generiche affermazioni di malcontento senza nulla proporre. Molto concreto invece è stato il già citato Giuseppe Paliotta, il quale ha illustrato ai presenti la possibilità di ricorrere alla richiesta di applicazione dell'art. 132, c. 1 della costituzione che prevede come un milione di abitanti possano richiedere la costituzione di una Regione autonoma ponendo in essere la prevista procedura che tra l'altro prevede il referendum popolare. E a chi sostiene che le 4 province non sarebbero in grado di sostenere un tale impegno egli ha risposto molto concretamente con l'argomento che un regione Lazio, pur privata della città di Roma, andrebbe a collocarsi al decimo posto delle regioni italiane davanti a Abruzzo, Marche, Calabria ecc... e che avrebbe una fiscalità autonoma, come vuole l'applicazione del federalismo regionale, più che sufficiente per provvedere a se stessa senza dover continuamente provvedere a sanare il passivo spaventoso creato dalla malasanità romana. Il punto interrogativo rimane però sempre l'atteggiamento delle forze politiche e i metodi della partitocrazia imperante che fino ad oggi hanno impedito la presa di coscienza di ciò che si sapeva da oltre venti anni. E qui entra in gioco il peso degli uomini politici locali, la cui carriera purtroppo dipende da sempre dalle botteghe romane del potere, specie da quando per essere eletti bisogna prima essere nominati dai padroni del momento. Nel 1990 tutti gli amministratori locali manifestarono la loro preoccupazione nel caso fosse stata creata una Area Metropolitana romana alla quale fossero trasferiti poteri riservati ai comuni. Ma subito tutto rientrò per il solito sistema dei ricatti romani: sai zitto se non vuoi essere messo da parte! Questa preoccupazione è riemersa anche nei due convegni di cui sopra. E'stato detto chiaramente dal presidente della provincia di Frosinone Antonello Iannarilli, quando ha affermato con forza: “Freghiamocene della carriera personale e dedichiamoci alla tutela del territorio!” E sta qui il nocciolo della questione. Prendiamo ad esempio Melilli. Egli naviga nel vertice romano. E' Presidente della Unione dei Comuni d'Italia, carica che dipende dalle direttive del partito cui appartiene, il PD. Egli sa che se si impegna a favore di una politica del territorio a favore della Provincia di Rieti andrà ad urtare contro quelli del suo partito che premono per una Roma capitale forte, come hanno dimostrato tutti gli ex comunisti e gli ex democristiani in questi ultimi venti anni fin da quando si parlava di Area metropolitana e, poiché ha intatte tutte le sue ambizioni di carriera futura, per non correre rischi preferisce mettere insieme una notevole quantità di parole che producono solo fumo ma niente arrosto. L'arrosto se lo tiene per se. Ma la cosa vale anche per gli uomini della destra che non hanno partecipato al convegno di Rieti. E' venuto solo il sindaco Emili a portare un saluto fuggitivo tanto perché non ne poteva fare a meno. Tutti loro, anziché associarsi alla protesta delle 4 province contro quanto vanno programmando Polverini e Alemanno, preferiscono tacere. E il perché è chiaro a tutti. Il vero problema sta qui. Sta in questa pochezza degli uomini politici locali che preferiscono una carriera di nominati senza alcun valore e con poca dignità politica, piuttosto che pensare agli interessi degli elettori che hanno avuto fiducia in loro. Magari poi accontentano i più riottosi dei loro elettori con la pratica del sottogoverno. Ma ora la situazione sta diventando grave. I comuni stanno toccando con mano le negatività della politica regionale. Verso Magliano Sabina c'è in progetto una discarica della monnezza di Roma. Così ora la puzza arriva sotto il naso, e speriamo che almeno questa svegli la popolazione e costringa i loro rappresentanti a darsi una mossa >>.

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