Riceviamo e pubblichiamo una nota di Pierluigi FELLI, Consigliere provinciale di Sinistra Ecologia e Libertà:

<< Dalla primavera del 1944 sono trascorsi 66 anni. Oltre mezzo secolo. Un tempo lungo che non può però portare alla cancellazione della memoria storica ed alla rimozione dei crimini commessi nella nostra provincia dai tedeschi. In Italia le truppe di occupazione naziste, nella lotta contro le formazioni partigiane, attuarono strategie di combattimento riconducibili alla direttiva “Merkblatt 69/1”, già utilizzata nelle operazioni poste in essere nei paesi dell’Est Europa. Questo strumento operativo dava una definizione assolutamente generica della categoria del nemico, non rendendo marcati i confini tra partigiani e civili, tra prima linea e retrovia, tra combattimento regolare e forma di guerra irregolare. Fu il mezzo che servì a molti reparti per giustificare i massacri contro la popolazione civile. Condotte tanto più brutali quando ad operare furono reparti a forte caratterizzazione ideologica. I massacri di persone inermi, in Provincia di Rieti, furono una costante nelle operazioni militari poste in essere sul territorio dalle unità tedesche. Uccisioni a sangue freddo non legate, in un rapporto di causa-effetto, ad azioni di combattimento e lontane da queste sotto il profilo temporale. Bastava essere qualificato come “bandito” per essere ucciso.

Gli eccidi compiuti rappresentano una forma di guerra contro la popolazione, basata sulla cieca violenza. Nessuna distinzione venne fatta tra persone “atte alle armi” e non. Un elemento comportamentale, che lega tutte le stragi, è da individuarsi nella volontà dei reparti tedeschi di ricorrere alle fucilazioni dei civili, pur avendo i loro comandanti un margine discrezionale per decidere se disporle o meno. La condotta delle unità della Wehrmacht non fu difforme da quella dei reparti delle SS .La violenza e la brutalità delle azioni non erano in alcun modo riconducibili ad un pericolo reale. Le iniziative repressive, attuate nel territorio della provincia di Rieti dalle truppe tedesche, furono caratterizzate da uno sconvolgente stillicidio di morti, la cui geografia è disegnata dai tanti luoghi della memoria che tutt’ora sono testimoni di quelle atrocità. I nazisti uccisero civili a Rieti, nel Leonessano, nella Valle del Velino, nella Piana Reatina, in Sabina, nella Valle del Turano, nel Cicolano. Le stragi furono consumate in fase di rastrellamento, a Leonessa, Poggio Bustone, Morro, Rivodutri, Monte San Giovanni e Vacone, durante la ritirata a Poggio Fidoni a Collebaccaro, Orvinio, per rappresaglia a Monteleone Sabino e Roccaranieri, per scopi terroristici a Quattro Strade. Negli ultimi quattro anni ho svolto un’attività di ricerca per poter delineare, seppur parzialmente, un quadro di quanto accade. Un lavoro da completarsi che fornisce comunque una visione indicativa dello stragismo nazista. Dall’ottobre del 1943 ai primi di giugno del 1944 nella nostra Provincia si ebbero oltre 38 eventi classificabili come stragi, eccidi e singole uccisioni. La maggior parte di essi ebbe luogo nella primavera del 1944 ed in particolare nei mesi di marzo (19 morti) , aprile (124 morti) e metà giugno (47 morti). Si ebbero inoltre 2 morti ad ottobre del ’43, 1 a gennaio ed 1 a maggio del ‘44. Furono massacrati 172 uomini, 15 donne e 7 bambini. Oggi sono qui per onorarne la memoria e ricordarli tutti, perché ognuno di loro, col proprio sacrificio, ha dato un contributo affinché nel nostro paese tornasse la libertà >>.