Sono ben 400 i camosci censiti nel territorio del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, questo nel corso delle annuali operazioni di monitoraggio effettuate dal Servizio Scientifico dell’Ente in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato, con l’apporto di numerosi volontari e con la partecipazione del Direttore dell’Ente, Marcello MARANELLA. Anche quest’anno, al censimento dei camosci era abbinato il conteggio dei fringuelli alpini, specie legata alle zone nivali ed acuminali dell'Appennino, che nell’area protetta ha il più consistente numero di coppie riproduttive. Nei sentieri in quota, percorsi contemporaneamente sul massiccio del Gran Sasso, sono stati avvistati dodici branchi di camoscio, alcuni composti anche da trenta esemplari. Oltre quelli storici di Monte Camicia e Pizzo Cefalone, dove negli anni 1992-94 furono reintrodotti i primi ventisei esemplari provenienti dal Parco Nazionale d’Abruzzo, i nuclei di recente formazione del Monte Corvo e del Paretone della Vetta Orientale del Corno Grande hanno fornito dati indicativi del positivo trend di crescita della popolazione, calcolato al 23-25% annuo. Nel corso del monitoraggio sono stati anche contati 80 piccoli e rilevata una strutturazione completa dei branchi, comprendenti animali di tutte le classi d’età: dalle femmine giovani di 2-3 anni a quelle riproduttive e a quelle di oltre dodici anni d’età. I branchi più numerosi sono stati rinvenuti lungo la dorsale dei Monti Brancastello e Camicia e sulle pareti che fiancheggiano la Val Maone.

Giovani maschi non riproduttivi in dispersione sono stati contati su tutto il massiccio, con positivi avvistamenti nei pressi del Bivacco Bafile e sulla via ferrata Ventricini, che aggira il Corno Piccolo. I risultati delle politiche di tutela attuate dall’Ente nei confronti del camoscio appenninico hanno permesso al Parco di partecipare attivamente al progetto di reintroduzione in corso nel Parco nazionale dei Monti Sibillini, al quale sono stati donati tre esemplari, due femmine e un maschio, prelevati dell'area faunistica di Farindola. Gli animali sono stati trasportati con un elicottero del Corpo Forestale dello Stato e rilasciati sulla cima del Monte Bove, dove, seguiti tramite un radiocollare satellitare, insieme con altri esemplari provenienti dalla Majella andranno a costituire il secondo nucleo rilasciato nell’area protetta marchigiana. Il progetto di reintroduzione e salvaguardia del camoscio, ungulato tipico delle vette e delle praterie d'altitudine, sta contribuendo in maniera determinante alla ricostruzione delle catene alimentari naturali nelle montagne appenniniche, sconvolte dalla pressione antropica del secolo scorso. In conseguenza di ciò si fanno sempre più frequenti nel Parco gli avvistamenti di avvoltoi ed aquile reali in cerca di carcasse o esemplari debilitati da predare. Il Commissario Straordinario dell’Area Protetta, Arturo DIACONALE, ha accolto con soddisfazione la positività dei dati giunta dal censimento dei camosci, assicurando che << ... le politiche di tutela della specie proseguiranno nel futuro anche attraverso la ricerca di finanziamenti comunitari, con l’obiettivo di facilitare la dotazione di strumenti tecnologici innovativi per il monitoraggio della specie. Una specie che costituisce un fiore all’occhiello della gestione della fauna nel Parco ma anche un’importante attrazione per il turismo naturalistico >>.

Sito ufficiale del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga