A cura dell'Avv. Gianfranco PARIS, Direttore responsabile del mensile MONDO SABINO:

<< Il 2009 ha registrato la riapertura del Teatro Vespasiano. Non è la prima volta che il Teatro Vespasiano è rimasto chiuso, anche per anni, per lavori di restauro. E’ una specie di Fabbrica di San Pietro che non finisce mai di essere restaurata. Gli interventi più importanti del dopoguerra sono stati effettuati sulla copertura e sulla magnifica cupola affrescata dal Roland e sulle decorazioni dei palchi e delle pareti, importantissime per l’acustica, una delle migliori d’Italia. Questa volta l’intervento più importante riguarda la struttura al servizio degli spettacoli e gli arredamenti.
Il nostro è un piccolo gioiello di fine ottocento che può ben figurare come fiore all’occhiello della città e per questo è giusto che vi si dedichino delle cure appropriate e che lo si tenga sempre all’altezza del suo ruolo. Ai tempi del grande Battistini il Teatro Vespasiano rappresentava lo status simbol della cultura reatina che si identificava con l’opera lirica. Vi ha cantato anche il grande Caruso, che da giovane fece il militare a Rieti, ed è stato anche il palcoscenico più consono per le gesta liriche del basso reatino Seri fino a quando la malasorte lo tenne lontano dal canto. Il loggione reatino era considerato a quei tempi con il rispetto che si doveva ai grandi intenditori del bel canto all’italiana. La città partecipava tutta agli eventi del Vespasiano che registrava quasi con orgoglio la partecipazione ed il fremito dei momenti migliori.
La II guerra mondiale lo ridusse malamente, fu adibito a cinema teatro e luogo per lo svolgimento dei veglioni di carnevale. Ne uscì con le ossa rotte anche per alcune crepe causate prima dal bombardamento dell stazione FF.SS. e più tardi da qualche terremoto, come quello che ebbe come epicentro Rivodutri negli anni ’50.

Poi lentamente riprese a vivere come teatro e finalmente oggi sembra tornato in forma come ai vecchi tempi. La cosa non può che far piacere. Non sono molti i fatti prodotti dalla nostra classe politica e quando accade qualcosa bisogna saperne gioire.
Lode quindi a coloro che hanno saputo restituire il vecchio e caro teatro Vespasiano alla città nella sua forma più splendente. Ma ahinoi, quanto durerà? Questa domanda sorge spontanea perché dagli anni ‘50 ad oggi, gli arredi sono stati rifatti più di una volta e il bello presto è ridiventato sciatto e da rifare.
Sono due le cause per le quali bisogna stare in campana. La prima riguarda gli amministratori del momento, la seconda gli spettatori, cioè la cittadinanza.
Prima della II guerra mondiale il teatro veniva concesso dal comune solo per spettacoli di opera lirica, raramente per cerimonie di grande importanza o per altri grandi eventi.
Nel dopoguerra è stato trattato più come “un povero vespasiano” di quelli inventati dal grande imperatore per la città di Roma che come un luogo di cultura. Vi si è fatto di tutto, naturalmente senza che chi lo usava pagasse una lira: dai comizi elettorali, alle assemblee e manifestazioni di ogni tipo, dagli spettacoli di prosa a quelli lirici, ai saggi di ogni tipo. Solo alla fine degli anni ’60 la si smise con i veglioni di carnevale.
Esso è stato sempre concesso a chiunque ne facesse richiesta che avesse qualche aggancio con gli amministratori del comune senza tanti riguardi per ragioni di sottogoverno. C’è stato un periodo che per usarlo era necessario prenotare mesi prima perché quasi ogni sera vi si svolgeva qualche cosa.
La seconda causa del degrado attiene alla civiltà di coloro che usano il teatro come spettatori. Ci si comporta come se il teatro fosse un qualcosa da distruggere al più presto, anziché rispettarlo e conservarlo gelosamente.
Il discorso vale anche per gli spettacoli teatrali in vernacolo reatino. Una tradizione che va senz’altro mantenuta, ma che in qualche modo contribuisce all’usura senza tanti riguardi. L’Assessorato competente pensa di aver risolto il problema con un elevato canone di affitto: millecinquecento euro a serata. Io sono convinto che il canone non risolverà il problema.
Rieti ha bisogno di un secondo teatro. Una grande sala di almeno mille posti, ricavata da uno dei tanti immobili vuoti che stanno nel territorio del comune di Rieti, nel quale oggi corrono i sorci. Il Nucleo industriale è pieno di immobili vuoti che una gestione spregiudicata della ASI sta regalando man mano alla speculazione commerciale. Addirittura sono state realizzate strade a giravolta per favorire il tizio o il caio: soliti speculatori che non investono niente e vivono di rendita parassitaria, che rappresentano il male maggiore della città di Rieti.
Non credo ci voglia molta fantasia ad individuare uno di questi immobili vuoti per realizzare questo secondo teatro che potrebbe essere messo al servizio di tutte quelle iniziative culturali che provengono dalla società civile reatina.
L’Assessore Formichetti ha dato dimostrazione fino ad oggi di avere capacità di realizzazione, io penso che se lo volesse sarebbe capace di aggiungere questo tassello al suo curriculum di buon amministratore.
I reatini, ed i giovani reatini in particolare, hanno bisogno di uno spazio tutto per loro. Lo hanno quasi tutte le città, e poi sarebbe un vero peccato che tra qualche hanno il Vespasiano abbia bisogno di nuovo di nuovi restauri.
E per oggi basta, anche se il teatro Vespasiano merita ancora attenzione. Gliela dedicherò domenica prossima >>.

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